mercoledì 12 ottobre 2016

Ok ci siamo, mancano 5 giorni. 
Dalle tre settimane scritte nell’ultimo post, siamo passati a 5 giorni.
Lunedì aereo per Salvador e, forse, arrivederci Minas Gerais!
Sono giorni di saluti, giorni di despedidas, come si dice qui. 
Giovedì scorso è stata dura lasciare la piccola equipe della Pastorale Carceraria del Ceresp, compagne carissime con cui ho avuto il piacere e la grazia di conoscere e lavorare, in un luogo di detenzione femminile tanto sofferto e complicato.  Queste donne, queste compagne di camminata, sono donne forti e coraggiose, con un cuore grande, grande, grande e grande….non ha confini! Donne di una certa età che continuano ad abbracciare la causa della Pastorale  Carceraria e visitare le detenute.  Umiltà e semplicità incorniciano i loro volti e i loro gesti, con una fede che può solo essere di esempio per tante persone.
Non smettevamo più di abbracciarci, sapendo che era l’ultima volta. 
Ah….come sono difficili gli addii!!! Tanto!
Ho avuto il magone, anche, per salutare le detenute. Ho sempre voluto bene a chi si trovava dietro quelle sbarre, anche a chi conoscevo da poco, anche solo per un giorno. Ho sempre cercato di ascoltare e accogliere ogni parola, ogni pianto, ogni richiesta, confidenza, ogni disagio che ognuna esprimeva. La popolazione carceraria femminile è quella più sofferta, più vulnerabile, più discriminata, più marginalizzata, per questo tutto il mio affetto e la mia “lotta” per una causa di giustizia che rispetti e valorizzi le detenute e i detenuti.
 Un carcere più “umano” e dignitoso! Che manca!!!!
Ricordo, ancora, il mio primo giorno di visita nel Ceresp e come l’odore forte e acre entrando nel corridoio dove ci sono le celle, mi ha investito con la sua forza e la sua nausea, un odore che ti porti addosso per tutto il giorno. Così come l’oscurità delle celle e la visione di tutti quei corpi addormentai sui materassi per terra. La visita è
sempre  di mattina, ore 9 e la maggior parte delle detenute ancora dorme o non avendo spazio a sufficienza rimangono sdraiate in quei materassi consumati e sporchi. 
Il sovraffollamento è un altro grande problema delle carceri! 
Non c'è spazio, non c'è privacy, non c'è luce, aria....
Credo che chiunque, vedendo una tale situazione di cella, non possa non rimanere indifferente e insensibile. Sempre ho considerato il Ceresp un luogo di profonda sofferenza, dove le fragilità personali delle detenute vengono in superficie in lunghi e dolorosi pianti. 
Giovedì ho distribuito tutti i fogli che avevo dentro la cartelletta di “valorizzazione umana” e che mi erano rimasti dagli incontri passati in Apac  o con il gruppo Testimoni di Esperança, li ho donati alle ragazze. Spunti di riflessione, storie, preghiere che aiutano in un lavoro di autostima e crescita personale, anche libri. Questo perché proprio queste fragilità personali si devono cucire e affrontare, per trovare la forza e il coraggio di andare avanti, di conoscersi e crescere nel bene, volendosi bene e imparando a voler bene. Ho sempre creduto negli incontri di "valorizzazione umana" , in particolare nel mondo carcerario, che portassero ad un lavoro di coscienza personale e comunitario con i detenuti, un lavoro che aiuta a educarsi e educare, per essere migliore, per uscire da una mentalità legata al mondo criminale, ad una mentalità personale di bassa autostima. Quando cresci in un ambiente dove tutti ti dicono che non vali niente e che non sei niente, cresci credendoci e facendoti del male e forse facendo il "male". Le storie di vita della maggior parte delle detenute sono legate ad episodi di violenza, di povertà, di carenza affettiva familiare e relazionale. 
E se nella tua strada non incontri nessuno che ti aiuta a volerti bene e a credere in te, la catena della violenza si ripete in continuazione. Quante volte mi sono trovata di fronte a ragazze che dopo essere uscite dal  Ceresp ritornavano di nuovo!!!  Di nuovo prese per crimini o infrazioni! 
Il sistema ti chiude dentro una cella e si dimentica di te, ti punisce senza aiutarti a cambiare, forse peggiorandoti.E'questo che succede nelle prigioni, si peggiora e si continua il crimine.
Bisogna crederci al cambiamento, credere che si può cambiare, credere che c'è sempre quel lato buono che bisogna solo conoscere e imparare a tirar fuori. Non credo che si nasce cattivi, non credo che si nasce con l'odio già pronto nelle nostri mani. Al contrario credo come dice Mandela, si impara a fare il male, si impara a fare il bene come si impara a fare il male.
Le storie che mi porto dietro e che custodisco con attenzione e affetto nella mia memoria, sono nate da circostanze dove le persone hanno conosciuto solo il male, un male che le ha piegate fino ad annullarsi, annullando anche gli altri. La prigione è piena di queste storie.
E la prigione mi ha insegnato a credere a quello che diceva Mandela: Le persone odiano perché hanno imparato ad odiare, e se possono imparare a odiare possono anche imparare ad amare, perché l'amore arriva in modo più naturale nel cuore umano che il suo opposto.



Nessun commento:

Posta un commento